LE SCIENZE DELL’EDUCAZIONE PER L’EUROPA.

Le questioni sollevate dall’appello di Cacciari e degli altri intellettuali trovano consonanze in preoccupazioni che anche noi, docenti universitari impegnati nelle scienze dell’educazione, riscontriamo. L’inaridimento della riflessione critica preda di uno sterile risentimento, le rigide contrapposizioni tradenti la complessa orditura della realtà italiana ed europea, l’aprioristica diffidenza verso una feconda conversazione con la differenza, il ripiegamento in una fittizia identità nazionale basata sull’esclusione: tali elementi concorrono alla marginalità in cui sono relegate educazione e istruzione, spesso svilite nell’opinione pubblica, la quale si preferisce indirizzare rinfocolandone un astio cieco rispetto alle tante sfide che, coralmente, dovremmo oggi affrontare. È dunque il momento di riproporre con forza il ruolo trasformativo dell’atto educativo, affinché
riacquisisca l’imprescindibile funzione di volano per la società. È indispensabile liberare da tecnicismi un discorso dominato da indebite banalizzazioni, ove s’impongono falsi dualismi – in primis quello tra equità e qualità – la cui fondatezza è invece stata
confutata, nel corso degli anni, dalla riflessione pedagogica e dalla prassi educativa. L’Italia può vantare un’inestimabile eredità pedagogica che, mantenuta viva dalla dedizione attenta di tante figure professionali, può rappresentare uno tra i più efficaci
antidoti alle nefaste derive cui assistiamo. Di fronte a razzismo, violenza di genere, omofobia e dispregio verso l’ambiente, la pedagogia ha il compito di richiamare tutti a una cultura dell’umano e del rispetto della diversità. Nell’identità stessa dell’atto
educativo, infatti, è iscritta una scommessa per una nuova realtà, un anelito al possibile che affonda le sue radici in importanti tradizioni culturali del nostro passato, tradizioni generate grazie a un serrato confronto con contesti ben più ampi di quello delimitato dai confini nazionali: il nostro pensiero, come la nostra identità, è intrinsecamente cosmopolita. L’educazione di cui scegliamo di farci eredi e continuatori può e deve affrontare la complessità del presente, non negando certo i conflitti che la caratterizzano, bensì prendendoli in carico, volgendo lo sguardo verso un orizzonte di pace nel quale l’Italia sia protagonista in una Europa solidale, per proseguire assieme un cammino di consapevolezza della nostra storia plurale e della ricchezza di voci
e di lingue che abitano questo fazzoletto di terra. Tale scommessa è animata dalla convinzione di poter trasmettere ideali di libertà e democrazia e promuovere diritti civili, interculturali e di genere, indispensabili tasselli per un sistema d’istruzione che
ponga al centro bambine e bambini, ragazze e ragazzi in formazione, accompagnandoli nel loro incontro con il mondo della cultura e i saperi che la compongono, per dirsi ospitale nei confronti di tutti e capace di integrare nell’ascolto attento delle differenze, strumento prezioso per un avvenire di più civile vita in comune. Nell’attuale frangente, aderendo all’appello, ci rivolgiamo al mondo delle scienze dell’educazione e a coloro che le hanno a cuore, auspicando una mobilitazione che, innanzitutto italiana, possa giovarsi anche del contributo di intellettuali europei: le pagine bianche degli anni avvenire non
potranno essere scritte in una sola lingua.

Massimo Baldacci, Carlo Cappa, Cristiano Corsini, Carmela Covato, Maurizio
Fabbri, Massimiliano Fiorucci, Isabella Loiodice, Pietro Lucisano, Elena Madrussan, Maria Grazia Riva, Maria Tomarchio, Simonetta Ulivieri, Ignazio Volpicelli.

Articolo pubblicato a pagina 32 del quotidiano la Repubblica edizione nazionale del 22 agosto 2018.

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